La neve.



Vedendo scendere i fiocchi bianchi e leggeri , fa un poco diventare bambini anche gli adulti. Forse non tutti l'ammetteranno ma sono convinto che questa percezione contagi anche coloro che, per lavoro o altri impegni, devono necessariamente uscire di casa e affrontare i conseguenti disagi.

Li guardo calare in un leggero turbinio e silenziosi appoggiarsi delicatamente sui prati, sui rami spogli degli alberi. Li osservo mentre stendono un velo immacolato sulla via non ancora percorsa da autoveicoli e renderla bianca, pulita, immacolata, mondata dai residui umani che, purtroppo, molti ineducati imbrattano con i loro rifiuti.

La neve che coprendo le auto parcheggiate le rende simili a vaghe forme scultoree e le avvolge nella fredda coperta della natura.

Fermo, dietro il vetro della finestra che si appanna al mio alito, ritorno bambino. Ricordo quando con ansia aspettavo le luci del giorno per poter raccogliere nelle mani la soffice bambagia gelata, portarla alla bocca e assaggiare il freddo sapore della neve.

Sporgo un braccio, un fiocco leggero, piccolo cristallo di ghiaccio, di posa sulla mano. Rimane li per un istante poi sparisce, sciolto in acqua dal tepore. La sua vita in un millesimo di secondo.

Mi assale un senso di colpa, ho impedito a quel fiocco di raggiungere i suoi compagni e il suo posto, sull'erba del prato, sarà occupato da altri simili cristalli ghiacciati.

Si, ritorno bambino per qualche istante e provo lo stesso impulso di allora: uscire, raccoglierla, farne una palla e metterla alla bocca, sentire lo stesso turbamento di quei tempi.


Ma comprendo che è la nostalgia della gioventù: la senti ma non puoi riviverla

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