Il mercato di Serina

Oggi è giorno di mercato a Serina, una visita veloce, Gabriella, non se lo perde. Matteo ed io, rassegnati, la seguiamo.

Gabriella, Alida e Matteo scendono in prossimità del mercato, io, come sempre vado alla ricerca del parcheggio e, caso strano, riesco a trovarlo non molto lontano.

M’incammino per raggiungere il trio e inizio a “scartare” mamme con carrozzine, nonne che si scambiano commenti sugli acquisti testé fatti e nonni carichi come muli che le seguono con passo stanco.


Le bancarelle non sono moltissime e tutte affollate. Matrone di una certa età, (paragonabili a quelle di razza germanica, in larghezza, ma, purtroppo, la razza italica, non le raggiunge in altezza) indugiano davanti alle bancarelle che espongono abiti, “palpeggiando” la merce sotto il vigile sguardo dell’ambulante che attento al minimo accenno di soddisfazione della cliente, interviene specificando la composizione della merce e il prezzo o proponendo alternative più o meno simili.

I bambini affollano la bancarella del cibo per animali. In una voliera cinguettano, bisticciando, una ventina di cocorite, ma la loro attenzione è attratta dalla vaschetta con le tartarughine d’acqua. Poco oltre la solita esposizione di giocattoli “plasticosi” non ottiene la stessa curiosità.


I nonni, accompagnatori si soffermano davanti alle bancarelle che espongono cibo, salami, formaggi, vasetti di acciughe sott’olio e di sughi per condire. Ma attendono sempre il consenso femminile prima di ardire un acquisto. Solo quando la consorte si avvicina e, con sguardo indagatore, sceglie, il loro viso si rischiara permettendosi qualche timido consiglio (spesso inascoltato: questo non lo puoi mangiare! – oppure – prima finiamo quello che abbiamo a casa!

Sconsolato, o più o meno soddisfatto, il meschino riprende la lenta processione portandosi appresso le due pesanti borse degli acquisti precedenti.

Nell’aria persiste un olezzo di fritto. Pesce naturalmente, uno schiaffo in faccia ai montanari affezionati a quello della polenta taragna e costine alla brace.

La solita bancarella di extracomunitari che vende tutto a un euro, sopperisce la sparizione dei vecchi bazar dove potevi trovare di tutto e di più.

Incombe mezzogiorno e la gente inizia a sfollare. Le coppie, moglie davanti con borsetta al braccio, marito dietro con un sacchetto (voluminoso) in ciascuna mano.

Dal rispettivo sguardo cogli su l’uno la soddisfazione per gli acquisti della mattinata e, sull’altro, un misto tra il sollievo di aver terminato il supplizio del mercato e la fatica nel portare il “bottino” con due sacchetti pesanti dai manici taglienti che ti segnano il palmo della mano.

Finalmente la tortura del giorno di mercato è sul volgere del termine.

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